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La percezione del bello

Come annunciato il tema che ci accompagnerà per i cinque giorni di Altrove di questa settimana è l’estetica.

La parola deriva dal termine greco che significa sensazione, percezione, capacità di sentire, sensibilità. Sembra quasi di intuire che non ci possa essere una scienza estetica, ovvero che non si possa riportare a concetti generali qualcosa che per ognuno è diverso. Eppure c’è una storia dell’estetica nel corso della quale molti pensatori hanno ricercato il significato di questa parte dell’esperienza umana, interpretandola e dando significati diversi al termine bello.

L’esperienza estetica è qualcosa che cattura la nostra attenzione producendo in noi sensazioni diverse. Il primo a usare il termine estetica sembra essere stato il filosofo tedesco Baumgarten il quale scrisse che l’estetica è, si, conoscenza, ma conoscenza propriamente intuitiva e sensibile: accanto alle verità certe della matematica e della filosofia, c’è posto per un altro tipo di verità, la verità conosciuta in modo sensibile.

In tempi più recenti, Umberto Eco che nel suo lavoro si è spesso occupato di arte dal punto di vista filosofico, ha posto l’attenzione sul lavoro degli artisti, poeti, menti artistiche in generale, i quali, dice Eco, ci invitano a considerare le cose da un punto di vista inconsueto; parla di impatto di un individuale in cui si sfarina la fragile impalcatura dei nostri universali attraverso una continua reinvenzione del linguaggio.

Però il bello può anche essere uno strumento di dinamiche sociali più pratiche, ma per questa riflessione la parola possiamo lasciarla a lui, in un’intervista che sembra essere stata rilasciata a Francoforte, a proposito del suo saggio Storia della bruttezza.

A proposito di questo, durante il regime nazista, è successa una cosa che può richiamare questi fenomeni: la produzione artistica che non corrispondeva ai canoni della cultura ariana era stata dichiarata arte degenerata. Dell’arte degenerata sono entrati a far parte la maggior parte dei più grandi artisti di inizio novecento, soprattutto esponenti dell’espressionismo, ma anche del cubismo, del dadaismo, del surrealismo, del fouvismo e persino dell’impressionismo. Questa “degenerazione” è stata portata in esposizione, come alla pubblica gogna, in una epica esposizione che girò per tutta la Germania e l’Austria dal 1937. Interessante notare che i concetti base dell’arte degenerata furono teorizzati da Max Nordau, un giornalista, medico, sociologo, leader sionista e seguace di Cesare Lombroso, che voleva far ricondurre l’arte degenerata alla degenerazione dell’artista. Hitler riprese pari pari le considerazioni dell’ebreo Nordau per condannare l’arte non conforme all’estetica ariana. Dei pittori in mostra in quell’esposizione, molti furono esiliati, quelli di religione israelita che non sono riusciti a scappare dal paese morirono nell’olocausto.
Questa premessa è importante per leggere un’altra notizia, quella dell’artista e giornalista turca Zehra Doğan, la quale è stata imprigionata in attesa di processo dal governo di Tayyip Erdogan con l’accusa, sulla base dei suoi scritti e dei suoi dipinti, di far parte del PKK. La sua arte è stata considerata degenerata.

Lunedì 10 ottobre

Parlando di estetica come di un’espeerienza fondamentalmente indefinibile definitivamente ma personale e mutevole nel corso della vita e nel corso della storia, si può dedurre che la bellezza sia qualcosa di totalmente democratico e accessibile a tutti, ma forse, sotto qualche aspetto, non è del tutto vero e per questo abbiamo con noi il primo ospite di questa settimana.

Martedì 11 ottobre

Sappiamo che tutti hanno la capacità di percepire la bellezza e di farne esperienza, chi dice di no ha un problema diverso di quello sensoriale, probabilmente è solo cinico. Ma il modo in cui la cultura ci influenza ha senz’altro un ruolo nel definire i canoni che ci aiutano a identificare il bello e il buono rispetto al suo contrario. L’ambiente in cui cresciamo ha influenze su di noi che possono essere forti o meno incisive, subdole o più esplicite ma in ogni caso, in quanto esseri sociali, non possiamo evitare di essere parte della cultura di cui facciamo parte. E allora cos’è il bello per gli altri? Culture e filosofie diverse come rappresentano la bellezza?
Negli ultimi anni abbiamo visto avvicinarsi persone di lingue e storie molto diverse; le migrazioni hanno fatto avvicinare una cultura interessante e profonda che è vicina e allo stesso tempo altra: quella islamica. Partiamo da qui per indagare altre concezioni di bellezza.

Mercoledì 12 ottobre

L’estetica in quanto percezione del bello mette in comunicazione almeno due entità: noi stessi e l’oggetto provocante. Si tratta quindi di un dialogo al quale, quando facciamo esperienza del bello partecipiamo. A questo dialogo tra due si possono aggiungere interpreti e interlocutori dall’una o dall’altra parte. Per esempio estrapolare l’opera d’arte dalla sua unicità e finalità in se stessa, magari duplicandola, dandone uno scopo pratico o attuare un cambiamento volontario su di essa, si può chiamare atto estetico o può diventare artefatto.
C’è un altro tipo di linguaggio che è sicuramente una forma d’arte, ed è la danza. Dopo aver smesso di essere considerata questione di puro intrattenimento , nel XIX  e XX secolo, c’è stata una trasformazione che ha portato il corpo a essere non più involucro dell’anima, ma simbolo del superamento di questa dualità. Il corpo è in grado di esprimere la comunione con se stesso e con il divino della vita. Sottratta ai canoni accademici, il movimento è diventato libero di mettere in contatto mondi percettivi e evocare immagini e sensazioni multiformi. Artefazione e movimento sono due concetti coi quali entriamo in contatto quotidianamente. In ogni caso ci introducono nell’ambito del sentire, secondo l’etimologia della parola estetica, ma portandola a una dimensione di dialogo aperto a cui si può partecipare, passando dal sentire al compatire, sempre seguendo il significato etimologico del termine.
Ci sono ambiti nei quali la capacità di compassione è fondamentale, per esempio nei percorsi di cura. Non a caso l’atto estetico, inteso come riproduzione, modificazione o reinterpretazione dell’opera d’arte, e il movimento del corpo, sono usati come attività terapeutiche.

Giovedì 13 ottobre

Il mezzo cinematografico è nato alla fine del XIX secolo e se non fosse per le avanguardie artistiche in vari altri campi che stavano prendendo piede in quel periodo, il cinema avrebbe impiegato molto più tempo a svilupparsi come mezzo indipendente e di ricerca e non essere relegato al solo intrattenimento. Il complesso linguaggio cinematografico unisce diversi livelli di comunicazione: quello letterario, quello visivo, quello fotografico e anche quello musicale. L’estetica del cinema è un ampio, ampissimo ambito che proviamo a esplorare con Gianna Urizio.

Venerdì 14 ottobre

Si conclude la settimana di altrove dedicata al tema dell’estetica. Le ultime suggestioni ci arrivano dalla libreria Claudiana di Roma, in particolare da Federica Cane che, tra le decine e decine di libri dedicato all’estetica, ne ha scelti due:

La tradizione estetica giapponese. Sulla natura della bellezza
di Laura Ricca
Carocci, 2015, 21 €

Palmira
di Paul Veyne
Garzanti, 2016, 15 €

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