Quante accezioni della parola dono conosciamo? Sinonimi potrebbero essere, regalo, qualità, sacrificio… Ci sono le qualità che mettiamo al servizio degli altri, della comunità e quello che diamo, che siano oggetti o tempo.
Lutero scriveva: “Il dono non è sufficiente se non è presente anche il donatore”, il che sta a indicare che anche quando si tratta di uno scambio di oggetti, il donare coinvolge sempre delle persone e la loro sensibilità.

Ma se questa era la concezione di Lutero sembra che col passare dei secoli la presenza di entrambi i soggetti, dono e donatore, non sia più necessaria. Sappiamo come le ricorrenze nei nostri calendari prevedano il consumo di oggetti da donare. Spesso si denuncia come anche venti nel calendario liturgico siano diventati l’occasione per uno scambio di merce e occasione di consumo così come consiglia di fare il mercato globale e la società contemporanea. Il dono non ha necessità di essere accompagnato da un donatore, si tratta di soddisfare i propri bisogni. O meglio, capricci elevati allo stato di bisogni dalla competenza pubblicitaria.
Se si sta rispondendo a un bisogno primario si è giustificati a non prendere in considerazione da dove questo arriva: se stai morendo di fame, nessuno ti giudicherà se non ringrazi immediatamente chi ti sta offrendo del cibo. Ma il dono è qualcosa di diverso: è creare un legame e prevede la disponibilità del donatore di dare qualcosa di se e la capacità del ricevente di accettarlo.

A volte infatti ricevere doni e attenzioni può suscitare un certo imbarazzo, perché vuol dire accettare di entrare in contatto con l’altro, di avere un contatto molto intimo con chi sta donando a te. Proprio a te. Ma perché proprio io? Perché me lo merito? Di sicuro non me lo merito. Queste potrebbero essere le parole che accompagnano i pensieri di una persona in imbarazzo mentre riceve un dono. E così si passa a parlare di sensi di colpa e responsabilità.

Enea Solinas, redattore di SegnAli Radio, pensa che il pensiero non sempre basti.

Sulla base di tutti i sensi che la parola “dono” può avere, possiamo immaginare in quanti film questo tema possa essere presente.

Ci sono ovviamente delle pellicole che hanno già nel titolo la parola, è il caso di The gift, film del 2000 con protagonista Cate Blanchet. Lei è una vedova che ha perso il marito in un incidente sul lavoro e cerca di mantenere i tre figli leggendo le carte per le persone che vengono a chiederle consulenza. Il dono in questo caso è la capacità premonitiva e di vedere cose che ancora non sono accadute. In qualche modo possiamo dire che ha il dono del tempo, di anticiparlo, e di mettere gli altri sulla strada giusta.

Il tempo come dono è un concetto che tornerà spesso e sarà la conclusione di moltissimi esempi di scambio di dono. Il tempo del dono e/è il dono del tempo.

Un altro film del 2009 sembra avvalorare questa tesi: è Gifted Hands – Il dono. Parla della vita di Benjamin Carson, uno dei più noti neurochirurghi al mondo che, guarda caso, dona agli altri la speranza di una salute migliore e la possibilità di avere più tempo per restare in vita.

Ecco alcuno film che in qualche modo parlano del tema secondo la visione di Gianna Urizio.

Le onde del destino, di Lars von Triers
Chocolat e Amore,cucina e curry diretti da Lasse Hallström
Cesare deve morire, di Paolo e Vittorio Taviani
Fanny e Alexander, di Ingmar Bergman

Alcune citazioni ci permettono di capire la differente valenza del dono. Una viene dall’Eneide di Virgilio: “Temo i Greci anche quando portano doni”, e ci parla di un dono fatto per controllare, per esercitare potere se non per ingannare, vedi il cavallo di Troia…
L’altra citazione che prendiamo in considerazione è di Martin Lutero: “Il dono non è sufficiente se non è presente anche il donatore”. Da qui partiamo per riflettere insieme al pastore Enrico Benedetto, docente di Teologia Pratica presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma.

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