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DUMBO III – Napoli è il teatro

A Napoli niente è simile a un teatro quanto un bar, un vicolo o una piazza di un rione.
Il bisogno disperato di chi entra in un bar è il teatro, non la caffeina della tazza fumante. Un desiderio di dialogo, di comunicazione, di confessione.
Ci riferiamo ai bar delle periferie e di quelli che troviamo ai Quartieri, alla Speranzella, o
all’Avvocata o nella zona di Portamedina o sopra i Sette Dolori, vicino Montesanto.
Le velate periferie di Napoli.
Ci riferiamo ai bar di questi angoli di Napoli perché il suo centro è condannato ad apparire,
mentre la periferia non serve a nisciun.
E allora restiamo ancora un po’ in queste velate periferie, andiamo ad aprirne il sipario per farle rivelare per quello che sono: un palcoscenico.

Dopo la cinica, ma al tempo stesso poetica, realtà gettata in faccia dai murales di Scampia e di quella sorta di palchi travestiti da bar, dopo la sconvolgente verità di tutto questo, andiamo alla ricerca di quei posti in cui “si fa sul serio teatro” esponendosi al pubblico, cioè a tutto il pubblico, che venga da Posillipo o da Pianura.
Parliamo di quei teatri nel deserto culturale che risultano essere espressione artistica di
massimo livello per una città come Napoli.
Cercare oasi d’arte nelle periferie non è un vezzo o una scelta: è l’unica strada possibile, se vogliamo continuare la nostra ricerca di bellezza nonostante.
“Benvenuti a teatro, dove tutto è finto e nulla è falso”, così recita una scritta che riporta un pensiero di Gigi Proietti sul muro accanto all’ingresso del Nest.
Qui al Nest, in pieno quartiere San Giovanni, le luci della ribalta e gli applausi si modellano al punto giusto necessario, divenendo risposte ideali alla ristrettezza fisica delle quattro pareti del teatro. Una meravigliosa ristrettezza al punto da farci sentire per strada, in piazza, come suonatori o commedianti dell’arte.
In questi luoghi, su questi palchi, gli artisti sono sereni e accolti.
Ci riferiamo al Nest ma anche al Teatro Instabile di Vico del Fico al Purgatorio o nelle piccole sale degli storici teatri dei Quartieri in cui il pubblico s’assett’ vicin’ agli attori e ai loro corpi recitanti.
Il pubblico di questi teatri ci sembra contento di esserci, a quelli spettacoli.
Senza misurare il gradimento in base al prezzo del biglietto.

Le vasche dei pescivendoli di Mergellina hanno un odore diverso rispetto a quello di un igienico piatto di storione servito al banchetto di un lussuoso matrimonio.
Stessa cosa avviene con i teatri delle periferie di Napoli, dove per periferie intendiamo anche i palcoscenici dei Quartieri dove non hai l’impressione di essere in una sorta di cinema o, peggio ancora, in una multisala.
In questi teatri periferici senti gli attori e le attrici vibrare, essere, esistere. Questo perché il teatro deve scavare nei sotterranei, un po’ come avviene con l’Instabile nel centro storico di Napoli.
Adriano Pantaleo, Carmine Guarino e Francesco Di Leva, giovani attori napoletani noti al
grande pubblico per le loro apparizioni nelle fiction televisive, qui a San Giovanni a Teduccio insegnano teatro. Evidentemente hanno voluto ricercare tutto il possibile che si può trovaare nel difficile, nel dissestato.
Portare il teatro sperimentale in una periferia come quella di San Giovanni vuol dire portare
quella bellezza che può salvare tanti ragazzi e tante ragazze.
Tutto questo avviene grazie a realtà come il Nest.

 

Foto – Claudio Petronella

NEST: Napoli Est Teatro.
Quello che una volta era una palestra è diventato un teatro che offre un interessante cartellone. Creare uno spazio teatrale che vada anche al di fuori del palcoscenico diventando uno dei cuori pulsanti del quartiere: questa è l’idea avuta da tre giovani attori napoletani sul set del film La stoffa dei sogni in cui stavano lavorando con Ennio Fantastichini e Sergio Rubini.
Sono passati poco più di quattro anni da quando questi ragazzi hanno iniziato a darsi da fare per recuperare una struttura abbandonata e per costituire questo collettivo, il Nest.
Un teatro da cento posti, laboratori e un cartellone offerto soprattutto a coloro che non sono mai andati a teatro. “Per creare il pubblico del futuro”, così hanno dichiarato ai giornali, quelli del Nest.
Gli abitanti di San Giovanni a Teduccio hanno accolto con favore e in modo caloroso sia gli
attori che i promotori. Da questo bel legame creato è emersa l’esigenza di restituire ai bambini del quartiere un campo da calcio dove poter giocare, un regalo divenuto possibile grazie al sostegno della Fondazione My Earth che ha scelto di collaborare con il Nest per realizzare progetti a favore dei ragazzi a rischio con l’obiettivo di fornire loro una valida alternativa di vita e un possibile futuro migliore.

 

Più forte delle difficoltà economiche e burocratiche è stato il desiderio da parte dei componenti del Nest di lasciare un segno tangibile e concreto agli abitanti di San Giovanni, luoghi che ospitano senza riserve questa bella realtà culturale. Il nuovo spazio giochi è stato inaugurato il 31 ottobre 2017, in via Ravello, un campo che pochi mesi prima era stato il palco per lo spettacolo “Gli Onesti della Banda” messo in scena dalla stessa compagnia del Nest in occasione del Napoli Teatro Festival.
L’impegno di far tornare il pubblico a teatro ha portato Di Leva e compagni a coinvolgere il potenziale pubblico direttamente a casa loro grazie agli “Arrotini del teatro”, sorta di strilloni che girano per i vicoli del quartiere gridando “È arrivato il teatro!” compiendo un efficace servizio pubblicitario con risultati tangibili sul territorio.

Molti giornali lo hanno definito Miracolo alla Sanità.
Parlando di teatro a Napoli dobbiamo tornare in quel Rione di cui vi abbiamo raccontato in
un’altra puntata di DUMBO.
Ci riferiamo a un quartiere di Napoli che è periferia seppur si trovi in pieno centro, un rione ricco di storia e di tesori artistici dove la bellezza ne è il cuore. Il Rione Sanità già noto per aver dato i natali a Totò, è stata location di diversi film come ad esempio L’Oro di Napoli e vera co-protagonista di una delle commedie più famose di Eduardo De Filippo, il Sindaco del Rione Sanità. Proprio qui, in questo luogo così contradditorio in cui arte e camorra si incrociano ad ogni angolo, è nato il Nuovo Teatro Sanità, uno spazio che offre ottanta posti a sedere ricavati all’interno di una chiesa settecentesca rimasta abbandonata per decenni.

Il teatro è gestito da giovani abitanti del quartiere coadiuvati da un gruppo di professionisti
dell’ambito teatrale. Sono tanti gli artisti che sono passati dal palcoscenico di piazzetta San Vincenzo alla Sanità. Molti di loro, innamoratisi del progetto, hanno voluto prestare la loro professionalità solo per passione e senza alcun guadagno, pur di far crescere questo luogo di cultura. Tutto questo resistendo e mostrando una concreta alternativa ad una mentalità che vede l’arte e la cultura come una nemica o qualcosa di inutile.
Un centinaio tra ragazzi e ragazze frequentano gratuitamente i corsi di teatro organizzati in questo spazio, laboratori che non riguardano solo la recitazione ma anche gli altri mestieri legati al teatro. Un luogo dove si studia, si cresce e si impara un lavoro, quindi.
Un presidio sociale e culturale in un rione che, statistiche alla mano, ha una delle più alte
percentuali di abbandono scolastico d’Europa.

Simbolica è la motivazione con la quale al Nuovo Teatro Sanità è stato consegnato il Premio Giuseppe Fava: “I ragazzi del Nuovo Teatro Sanità non sono solo resistenza e non sono semplicemente teatro. Ma sono il nucleo intorno al quale alla Sanità, a Napoli, si costruisce un presente reale, che si può toccare vedere e ascoltare. Un luogo che è diventato quasi un’isola all’interno della città, in un quartiere, tra i più famosi di Napoli, dove l’arte e la malavita si incrociano a ogni angolo. In quel luogo c’è un gruppo di ragazzi che lì lavorano e che vedono il teatro come unica fuga da un quartiere che li tiene prigionieri. Quel teatro è il luogo dove possono creare bellezza, arte, un’altra vita. Sono loro che hanno contribuito a costruirlo e a farlo vivere ogni giorno”.

 

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