Lunedì 12 novembre è cominciata a Palermo una conferenza internazionale sulla Libia, un appuntamento fortemente voluto dal governo italiano per rilanciare la propria posizione di Paese guida in Europa sulla crisi libica, un ruolo che negli ultimi mesi sembra appartenere alla Francia, meno coinvolta nei processi di migrazione tra le sponde del Mediterraneo ma fortemente interessata al valore strategico della Libia, che tra le altre cose confina a sud con il Niger, la più importante area di estrazione dell’uranio usato nelle centrali nucleari francesi.
L’obiettivo della conferenza non è tanto quello di mettere fine al conflitto in corso, quanto di stabilizzare il Paese sotto un unico governo e un’unica bandiera, ricucendo in particolare i rapporti tra est e ovest, vale a dire tra Fayez al Serraj, che guida il governo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite e appoggiato dall’Italia, e il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti, e appoggiato in maniera sempre più esplicita proprio dalla Francia.
Lunedì sera Haftar è arrivato a Palermo dopo giorni di incertezza sulla sua presenza, ma ha subito voluto specificare di non avere intenzione di partecipare alla conferenza, ma di voler solo incontrare il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte. Tuttavia, si ritiene che la presenza di Haftar sia fondamentale per arrivare un’intesa, anche minima, tra le fazioni che stanno combattendo la guerra libica e che controllano diverse parti del Paese. Basterà?
Secondo Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato e componente del Collegio del Dottorato in Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Palermo, si dirà che questa conferenza sarà stata un successo se si chiuderà con «una foto di famiglia finale con i quattro leader delle fazioni libiche tutti riuniti, poi ci potrebbe essere un documento congiunto che magari tracci un percorso comune per raggiungere la pacificazione, l’unificazione delle forze armate, una gestione comune della Banca centrale, che è una questione molto delicata in Libia, e delle risorse energetiche».
La presenza di Haftar a Palermo avvicina questo obiettivo?
«Credo che siamo molto lontani, soprattutto per il metodo di lavoro che si sta adottando. Haftar, sostenuto da al-Sisi, il capo del governo egiziano, e con la Russia di Putin alle spalle sta condizionando l’agenda, lui ha detto che alla fine vuole incontrare soltanto i rappresentanti di Tunisia, Algeria, Egitto e Russia. Questo significa anche che dietro a questo vertice ci sono consistenti interessi economici».
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