Il pomeriggio di sabato 6 giugno piazza Castello a Torino si è riempita, pur nell’impegno di mantenere le distanze di sicurezza, di persone accorse per il flash mob I Can’t Breathe, una delle numerosissime manifestazioni in Italia e nel mondo in solidarietà alle proteste della comunità afroamericana negli Usa scattate dopo la morte di George Floyd durante un arresto da parte della polizia a Minneapolis. L’occasione però è stata colta anche per puntare un riflettore su chi soffre quotidianamente per il razzismo in Italia.



Prima degli interventi di organizzatori ed attivisti, il flash mob è cominciato con 8 minuti e 46 secondi di silenzio: il tempo che l’agente di polizia Derek Chauvin (ora indagato per omicidio) ha passato con il ginocchio appoggiato sul collo di George Floyd in attesa di un’ambulanza.



Sul posto abbiamo intervistato Anna, una delle organizzatrici, a cui abbiamo chiesto come sia nato questo flash mob.