Il 9 novembre è ricorso il trentennale dalla caduta del muro di Berlino, noi partiamo proprio da qui per fare un punto sui muri di oggi, barriere reali e virtuali costruite dall’uomo per allontanare l’uomo.

In particolare vedremo cosa accade in Europa, con un focus particolare su una delle barriere più respingenti del vecchio continente, quella che separa la Francia dall’Inghilterra a Calais.

La lettura che ci tiene compagnia in questa puntata è Storia politica del filo spinato, un saggio del professore di filosofia Olivier Razac edito da Ombre Corte. Razac parte da una data cruciale, il 1874: in quell’anno un colono dell’Illinois, Joseph Farwell Glidden, ottiene il brevetto per l’invenzione del filo spinato, per allontanare animali e uomini. Da allora, il filo spinato ha continuato ad essere largamente utilizzato, non solo per delimitare proprietà private, ma anche per segnare frontiere nazionali. Chi rimane aldilà del filo spinato, scrive Razac, non è un cittadino di serie B o un essere con minori condizioni, stare aldilà del filo “non significa trovarsi in una situazione degradante, ma trovarsi in una non condizione assoluta, non si è alle prese con una vita difficile, ma con una morte violenta”.

Come il progetto europeo e i suoi valori fondanti può convivere con questo fenomeno? Ne abbiamo discusso con due esperti, Maurizio Ambrosini, professore di sociologia delle migrazioni e l’avvocato Nazzarena Zorzella.

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