In questi giorni dedicati al ricordo di papa Francesco e di lutto nazionale per la sua scomparsa vi proponiamo uno spunto di riflessione sul senso e sul “valore” del lutto, proposto dal pastore Peter Ciaccio.
“Il lutto nazionale può e deve essere vissuto come momento e manifestazione di empatia nei confronti di chi in questo momento è in profondo dolore, in lutto. Quello che fatico a comprendere è che si vada oltre al giorno: con quale criterio infatti stabilire chi merita più o meno giorni di lutto? Mi sembra di vedere un problema teologico e spirituale cioè quell’ansia esistenziale combattuta anche da Lutero e dalla Riforma protestante, un’ansia derivante dalla domanda “è abbastanza, è sufficiente quello che faccio?”. Di fronte alla morte di una persona cara, che sia un parente, un amico, un leader politico o religioso, non possiamo fare nulla che sia sufficiente.
Se un giorno mi pare poco, cinque giorni continuano a non essere sufficienti.
Tutti noi lo sappiamo: ci sono delle morti che trasformano la nostra vita. C’è chi porta il lutto a vita.
Cedere all’ansia esistenziale del “non basta” moltiplicando i giorni del lutto, credo sia errato. Per un cristiano, una cristiana, poi, è uno sminuire la grazia e la speranza che i nostri morti ora sono in buone mani e non hanno bisogno di giorni di lutto in più. Diverso è il lutto pubblico, che rappresenta il dovere di chi è in vita di fermarsi dalla quotidianità pianificata“.
Segue ancora una breve riflessione sull’invito a celebrare “con sobrietà” la Festa della Liberazione, il giorno di festa nazionale italiano del 25 aprile, che le istituzioni laiche italiane dovrebbero curare con più attenzione.