Domenica 6 novembre parte la ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27), ospitata dall’Egitto. Rappresentanti e delegati da tutto il mondo si riuniranno per discutere e dare seguito alle politiche internazionali sul clima, per contrastare l’aumento di temperature globali.
Ne parliamo con Jacopo Bencini di Italian Climate Network, col quale cerchiamo di capire quale sia il contesto della conferenza di quest’anno.
Negli scorsi mesi ha preso particolarmente piede un concetto, che si pensa possa agitare i lavori della conferenza: si parla di loss and damage (perdita e danni), che va a riassumere la richiesta da parte delle zone del mondo a basso reddito di ricevere fondi da quelle più ricche per l’adattamento alla crisi climatica e la ricostruzione dopo gli eventi meteorologici estremi. Non è soltanto una questione di disparità economica: gli stati più ricchi sono quelli maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra che mettono in ginocchio paesi molto meno inquinanti. La richiesta verrà finalmente ascoltata?
Ragioniamo anche su un tema difficile da sciogliere in questo momento: la crisi generata dalla guerra in Ucraina accelererà o fermerà i progressi verso la decarbonizzazione? Sullòa carta, mai come ora dovremmo abbracciare le energie rinnovabili (più convenienti da ogni punto di vista), ma la prima reazione è stata invece quella di fare marcia indietro rispetto a molte politiche di transizione, riaprendo centrali a carbone e cercando nuovo gas.
Infine, ci chiediamo se le COP siano davvero lo strumento adatto per la missione immane ed urgente della lotta alla crisi climatica. Secondo Bencini, l’ONU è uno strumento imperfetto, ma è il migliore a disposizione.