Il cinque dicembre cade la Giornata Mondiale del Suolo, una data per ricordare l’importanza vitale di un suolo in salute e per interrogarci sul consumo eccessivo portato avanti dalle attività umane.
Ne abbiamo parlato con Paolo Pileri, docente di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano e autore impegnato nella difesa del suolo. Innanzitutto, ci ha dato la definizione specifica di consumo di suolo: qualsiasi area, naturale o ad uso agricolo, che viene convertita in area urbana.
Disastri come quelli dell’isola di Ischia, dove una frana ha provocato (nel momento in cui scriviamo) undici vittime e decine di sfollati, ci portano saltuariamente sotto gli occhi i pericoli di un consumo di suolo sregolato, come l’edificazione su terreni a rischio idrogeologico.
Ma non è quello l’unico tema da tenere in considerazione. La cementificazione, ad esempio, limita la capacità di assorbimento dell’acqua piovana, favorendo da un lato il verificarsi di alluvioni in caso di piogge intense, e alimetando allo stesso tempo condizioni di siccità quando la pioggia scarseggia, poiché l’acqua non riesce a raggiungere le preziose falde acquifere. “Nel momento in cui viene cementificato il suolo smette completamente e per sempre di generare benefici”. E per generarli in altro modo, tra l’altro, dobbiamo spendere risorse ed energie aggiuntive.
Il suolo è un elemento vitale, per gli esseri umani e per ogni essere vivente, soprattutto per una connessione lampante: dal suolo arriva il nostro cibo. Eppure, ragioniamo con Pileri, questa connessione appare spesso dimenticata. E la politica spesso rema contro, come conferma un articolo contenuto nella manovra di bilancio che affronta, secondo Pileri, molto male la questione. Purtroppo, non si tratta di un’eccezione: ogni partito al governo ha spinto per edificare e ha trascurato il problema del consumo di suolo. “C’è un partito trasversale ed è il partito del cemento” (e parlando di politica, è interessante il corto circuito che si crea con la spinta al sovranismo alimentare, in un paese che per la cementificazione in 50 anni perso il 30% di terreni agricoli).
Il grosso problema, secondo Pileri, sta nella formazione: non ci viene insegnata a sufficienza l’importanza del suolo e la sua fragilità. Ma su questo punto si può anche trovare la soluzione per un cambiamento di mentalità. Quando scuole ed insegnanti virtuosi si impegnano a coinvolgere gli studenti su questo tema, gli studenti rispondono con passione e trasporto. Non è un processo automatico: bisogna lavorare, impegnando tempo e soldi. Ma i semi ci sono.