Nella seconda settimana di maggio si è allargata a molti dei principali atenei la protesta degli studenti fuori sede contro il caro affitti, dopo l’attenzione ricevuta dall’iniziativa solitaria di Ilaria Lamera a Milano.
Abbiamo raggiunto Giulia, studentessa e rappresentante dell’Unione degli Universitari a Torino, per farci raccontare le motivazioni della protesta e le richieste degli studenti.
“La questione è molto più ampia degli affitti” ci dice subito, definendo comunque “simbolico” il fatto che la protesta sia nata a Milano, dove il caro affitti è particolarmente famigerato. “Ma le richieste sono più ampie e toccano il diritto allo studio. Non si tratta solo della costruzione di residenze universitarie, ma anche di uno stanziamento di aiuti più consistente di quello attuale a tutti i fuori sede. Nel frattempo è uscita la notizia dello “stanziamento improvviso” di 660 milioni di euro, ma non sono sufficienti”. La cifra sbloccata era appunto prevista dal Pnrr e viene lecito chiedersi: perché si è dovuto aspettare che gli studenti protestassero a livello nazionale per renderla disponibile?
“C’è molto che il ministero non spiega”: ” aggiunge poi Giulia. “Molti di quei 660 milioni sono destinati a fondazioni private, che offrono alloggi privati e che proporranno un affitto a prezzi non propriamente calmierati: per una singola ci si attesta su 400/450 euro anche in Piemonte. Fino a 6-7 anni fa una camera costava sui 300-350, ora è praticamente impossibile trovare qualcosa di dignitoso sotto i 400 euro”. Eppure i fuori sede aumentano: “in generale sul Piemonte c’è una forte crescita, soprattutto a Torino ma in piccola parte anche nel Piemonte Orientale. La cifra attuale su Torino è che su 140mila studenti ci sono 50mila fuori sede. Quasi tutti dal Sud Italia e una buona percentuale di studenti stranieri, attratti dai corsi inglese, anche lì provenienti da situazioni economiche svantaggiate”.
La protesta, dunque, nasce dal caro affitti, ma riguarda una questione più ampia e particolareggiata:
“I fondi sono la partita che riguarda le residenze pubbliche. Poi c’è un’altra partita: il governo può prendere una decisione forte anche sugli affitti. Se non si mette un tetto, è ovvio che i proprietari, seguendo la linea di mercato, sono portati a stabilire in maniera discrezionale i prezzi. Non vale solo per gli universitari, ma per tante altre fasce deboli”. Infatti, diversi enti e organizzazioni che normalmente non si occupano di studenti si sono avvicinati alla causa, trovando terreno comune. Qual è quindi ora il percorso che stanno seguendo gli universitari?
“Stiamo ragionando di istituire dei tavoli, con gli enti per il diritto allo studio, con le istituzioni preposte, e potenzialmente i rettori, se se ne trovano alcuni dalla nostra parte. In Piemonte Sciretti, il presidente dell’Edisu Piemonte, si è detto disponibile ad ascoltarci. La protesta quindi cambia e diventa una proposta di interlocuzione. Sappiamo che la situazione non può cambiare dall’oggi al domani”. Ma il problema, senza dubbio, è importante e urgente.