La presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato, a novembre 2017, un documento dal titolo Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030, che riporta d’attualità il progetto del contestato Tav, il treno ad alta velocità Torino-Lione.
A pagina 58 del documento si legge:
«avessimo saputo ciò che in seguito è accaduto, avremmo preso la stessa decisione?». È una domanda lecita, ma che interessa gli studiosi e gli storici. La domanda che i decisori devono farsi è invece un’altra: «al punto in cui siamo arrivati, avendo realizzato ciò che già abbiamo fatto, ha senso continuare come previsto allora? Oppure c’è qualcosa da cambiare? O, addirittura, è meglio interrompere e rimettere tutto com’era prima?»
La risposta a questa domanda, parzialmente, viene data nel prosieguo dello stesso documento, nel quale, in sostanza, si dice che si prosegue e si va avanti in virtù degli accordi internazionali già presi, dei fondi già stanziati e dei lavori già effettuati. Però, un’argomentazione più puntuale e articolata è stata fornita nel corso di una conferenza stampa indetta alla stazione di Torino Porta Nuova mercoledì 28 febbraio con il commissario straordinario governativo Paolo Foietta, il direttore generale di Telt, Mario Virano, i rappresentanti di Rete ferroviaria italiana e il consulente del Commissario governativo, il professore della Bocconi, Roberto Zucchetti, docente di economia dei trasporti e valutazione delle infrastrutture.
Nella nostra puntata abbiamo sentito le posizioni favorevoli e contrarie al Tav.
Abbiamo intervistato Mario Virano, il direttore generale di Telt, la società che sta costruendo il Tunnel di 57,5 km che, secondo il progetto, unirà l’Italia e la Francia. Abbiamo chiesto qual è lo stato attuale dell’opera e quali sono le motivazioni della scelta di continuare nella realizzazione della linea che dovrebbe inaugurare tra undici anni. «Siamo obbligati a finire entro il 2029 perché ce lo impongono gli accordi internazionali. E gli stessi accordi vincolano quei soldi, circa 5 miliardi di opere cantierabili nei prossimi anni, a essere utilizzati soltanto per il Tav. Quindi, non si possono usare per altro», ha spiegato Virano.
Alberto Poggio, membro della Commissione Tecnica Torino-Lione, nominato dalle amministrazioni contrarie all’opera, ovvero Torino, l’Unione Montana Valle Susa, Venaria Reale e Torrazza Piemonte, risponde invece che «Virano dimentica che l’opera è già costata oltre un miliardo di euro per un tunnel che ancora non è quello definitivo. Infine, gli accordi internazionali si possono cambiare, a maggior ragione alla luce dell’evidente inutilità dell’opera».