Il viaggio di Kiosk continua con una puntata tutta all’insegna della memoria, o meglio di una pluralità di memorie – spesso contese, distorte o rimosse – da declinarsi sempre al plurale, e da interrogare continuamente. Una puntata in apparenza assai poco politica rispetto alle precedenti, ma dove la componente politica affiora di continuo, perché il ricordo, che ci piaccia o meno, non è mai materia inerte o neutrale, sistematizzata una volta per tutte.

Iniziamo raccontando del rapporto, assai problematico, fra la comunità afroamericana e l’URSS. Il punto di partenza è un recente articolo della scrittrice Igiaba Scego intitolato “B(l)ack to Ussr”, dove si racconta del viaggio di un gruppo di scrittori afroamericani a Mosca e poi in Asia Centrale negli anni trenta per un film di propaganda politica contro la discriminazione che non sarà mai realizzato.
Quanto ci resta, invece, è una notevole massa iconografica di poster, manifesti e locandine non
scevra, a sua volta, di stereotipi involontari e pregiudizi.

Proseguiamo con un’intervista esclusiva a Eugene Rogan, professore all’Università di Oxford e autore di libri tradotti in 18 lingue, che ci parla, a cent’anni dalla fine della Grande Guerra, di che cosa rappresentò quella fase drammatica per le diverse nazioni dell’Impero ottomano. Dal genocidio armeno alla nascita del Medio Oriente moderno, la fine di questo stato multireligioso e sovranazionale rappresentò una svolta storica di cui ancora oggi, a ben vedere, sono assai evidenti gli effetti, spesso in negativo.

Passiamo quindi a quella che è forse la componente più di sovente rimossa fra i crimini commessi dai paesi dell’Asse: ci riferiamo al Porrajmos, il genocidio di rom e sinti ad opera dei nazi-fascisti, che portò alla morte di mezzo milione di persone. Per riscoprire questa pagina importante, ci siamo affidati al racconto di un interprete d’eccezione: Santino Spinelli, musicista e docente di cultura romani, la cui famiglia fu vittima di quella persecuzione.

Concludiamo con una storia carica di speranza. Nel 1992 da una Sarajevo sotto assedio partì verso il nostro Paese un convoglio carico di bambini. Molti di loro, prelevati dall’orfanotrofio cittadino finito sotto i colpi dei cecchini, non rientrarono mai in patria. Furono dati in adozione in Italia, nonostante i loro genitori fossero in vita. Una tragica storia ma a lieto fine, almeno per due di loro. Il giornalista Andrea Oskari Rossini ha permesso infatti, grazie a un suo servizio, che oggi una di queste madri riabbracciasse due di quegli orfani, cresciuti in Italia. Abbiamo intervistato il giornalista, che ci ha parlato del suo lavoro e della sua esperienza di vita nei Balcani.

Il tutto condito con musiche tutte ad est, brani di ieri e di oggi, in un viaggio immaginario che ci porta dall’Iran fino alla Germania orientale. Non ve lo perdete!

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