Il 2019 sembra l’anno in cui ci si è resi conto all’improvviso dell’urgenza di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. A dire il vero i climatologi si sgolano sulla questione da decenni, ma abbiamo spesso, soprattutto nel “primo mondo”, pensato che in nome dello sviluppo la questione climatica potesse essere lasciata indietro.
Addirittura, tra gli anni Ottanta e Novanta si era fatta strada la teoria della “modernizzazione ecologica”, portata avanti su tutti da Anthony Giddens, il padre della “terza via” che porterà poi Tony Blair a fare il primo ministro britannico per due mandati. Bene, quell’idea che lo sviluppo porti con sé la sostenibilità si è dovuta scontrare con la crescita di moltissimi Paesi che hanno popolazioni enormi. E questo ci porta in Asia.
Il boom demografico asiatico infatti fa sì che l’Asia emetta più anidride carbonica rispetto a qualsiasi altra regione del mondo, e che, guardando ai dati del 2017 del Global Carbon Project, Cina, India e Giappone si collochino al primo, al terzo e al quinto posto tra i paesi più inquinanti del mondo. Le emissioni della Cina rappresentano da sole un quarto delle emissioni globali di CO2, ben oltre quelle del secondo produttore al mondo, ovvero gli Stati Uniti.
Però, se calcoliamo le emissioni pro capite, allora il quadro cambia completamente, e tra i paesi asiatici il Giappone rimane l’unico a classificarsi tra i primi cinque al mondo.
Storicamente, il Nord America e l’Europa rappresentavano metà della CO2 emessa dalla rivoluzione industriale, mentre la Cina e l’India rappresentavano solo il 14%.
Oggi ripartiamo proprio da questi dati per una puntata dedicata al clima.