Gli ultimi giorni hanno visto un’accelerazione in quello che è uno dei punti chiave della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, secondo alcuni addirittura il vero punto centrale: la partita del 5G che vede Huawei tra i principali attori a livello globale.
Tutto è cominciato il 20 maggio, quando, adeguandosi alla mossa dell’amministrazione Trump che ha inserito Huawei in una lista nera di imprese che non potranno accedere a tecnologia made in Usa, Google ha sospeso tutti i rapporti commerciali con Huawei che richiedono il trasferimento di hardware, software e servizi tecnici. I dispositivi Huawei utilizzano Android, il sistema operativo open source per dispositivi mobili che è gestito da Google. Essendo open source, gli utenti Huawei potranno comunque scaricare app e aggiornamenti di altri produttori che non siano Google, ma ci si chiede che impatto avrà sulla clientela Huawei la possibile perdita dei servizi Google più popolari, come Gmail, YouTube, Google Maps. Si ritiene che questo non avrà un grande impatto sugli utenti cinesi, che già non possono accedere alla maggior parte dei servizi Google. Ma nel resto del mondo, un acquirente qualsiasi potrebbe pensarci due volte prima di acquistare un nuovo dispositivo Huawei.
È chiaro che se ci perde Huawei ci perde anche Google, che ha così confermato che Google play, cioè il suo app store, continuerà a funzionare per i dispositivi Huawei già esistenti. Inoltre ha incassato una speciale dispensa dal governo statunitense per posticipare di novanta giorni il blocco per Huawei, che rimane comunque il secondo produttore mondiale di smartphone.
Perdere l’accesso ai servizi Android di Google significherebbe per Huawei l’interruzione di parte della propria catena di approvvigionamento, un incubo per qualsiasi impresa ma forse ancor più per quelle tecnologiche, che di update continui vivono.
Allora è tornato in auge il piano B e cioè il fatto che Huawei avrebbe sviluppato un sistema operativo proprietario per smartphone e computer. Si sa che da tempo Huawei ci stava lavorando su, probabilmente fin dal 2012, quando entrò nel settore della telefonia mobile e cominciò a porsi il problema del “worst case scenario”, come si dice in economia, cioè l’ipotesi di non poter fare più affari con Google e quindi con Android. Qual momento è dunque arrivato con l’interruzione del rapporto con Google.