Tra ‘800 e ‘900 si lottò per ridurre gli orari di lavoro, con l’approdo alle 8 ore quotidiane come riduzione rispetto agli eccessi dello sfruttamento della rivoluzione industriale. Ma all’epoca emerse anche una prospettiva proiettata verso il futuro, in cui si immaginava che l’automazione dei processi produttivi avrebbe ridotto ulteriormente le ore di lavoro, garantendo comunque la divisione dei profitti.
La visione suona particolarmente utopica in questi anni, quando ormai il paradigma appare rovesciato: il lavoro intenso e prolungato è diventato un valore profondamente radicato. Come si è arrivati a questo punto?
Se lo chiede Sandro Busso, professore associato di Sociologia dei fenomeni politici presso il Dipartimento di culture, politica e società dell’Università di Torino, nel libro Lavorare meno – Se otto ore vi sembran poche, pubblicato per Edizioni Gruppo Adele e tra i protagonisti dell’evento Qualcuno ha detto lavoro? previsto alle 18 di sabato 21 ottobre alla libreria Binaria di Torino.
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