Senza alcuna anticipazione, il 6 novembre la presidente del consiglio Giorgia Meloni e l’omologo albanese Edi Rama hanno firmato un accordo per la gestione dei flussi migratori. In base a questa intesa, nei prossimi cinque anni i migranti soccorsi in mare dalle navi delle forze dell’ordine italiane potranno essere portati presso apposite strutture sul territorio albanese, del tutto finanziate dall’Italia. L’iniziativa ha sollevato pesanti polemiche, anche all’interno della stessa coalizione di governo, perché i partiti alleati non sarebbero stati informati. Ne parliamo con Paolo Naso, docente di Scienza politica alla Sapienza, già coordinatore di Mediterranean Hope.
“È un segnale di come la premier navighi a vista” dice. “La piattaforma di questa coalizione era tesa a bloccare le partenze; verificata la assoluta insostenibilità di questo progetto” viste anche le innumerevoli crisi che stanno colpendo Africa subsahariana e Medio Oriente “invece di ragionare su una regolarizzazione di questo flusso, così da renderlo un elemento virtuoso per la nostra società e la nostra economia, si pensa ad una soluzione di dubbia coerenza costituzionale. L’articolo 10 della Costituzione dice che l’Italia garantisce protezione e asilo a coloro che nei loro paesi non abbiano le garanzie che garantisce l’Italia”. La Costituzione, inutile dirlo, non menziona l’Albania.
Si tratta quindi di “un goffo ed improvvisato piano B, con evidente calcolo elettorale: così Meloni ha sottratto alla Lega una carta molto importante. Un provvedimento la cui consistenza è molto dubbia: stiamo parlando di 3mila persone, una cifra irrilevante. Inoltre, come emerge dal Rapporto Statistico Immigrazione, complessivamente il numero di migranti è diminuito, in un paese che reclama forza lavoro. Siamo di fronte ad un atteggiamento scomposto, improvvisato”.
“È un coup de theatre molto efficace, che ha spiazzato tutti. La portata politica però è davvero nulla, effimera, è una piccola banderuola. Vince il populiusmo deteriore, perde il sistema Italia, che ha bisogno di una buona immigrazione, che è quella che passa dall’integrazione, non dai CPR. Ci sono domande, soltanto nel Piemonte, per 118mila posti di lavoro. La sfida vera non è quella di mandare i migranti a casa, ma di costruire meccanismi efficaci affinché possano trovare la loro strada, trasformando il problema migratorio in un’eccezionale risorsa”.
“Le vittime sono i migranti, che dopo aver attraversato il Sahel, aver passato anni in un campo di concentramento in Libia, o essere stati pressoché clandestini in Tunisia, riescono, pagando una cifra esorbitante, ad attraversare il Mediterraneo; vengono salvati, poi vengono messi come reclusi in una sorta di Guantanamo adriatica. Non è esecrabile soltanto dal punto di vista morale, è giuridicamente debole, molto debole. E ci espone anche alle critiche dell’Unione Europea, che ha la sua responsabilità, ma mentre l’Italia si inventa la Guantanamo mediterranea, la Germania accoglie di fatto 800-900mila persone all’anno. Vedo grande confusione in una coalizione che non ha ancora trovato una quadra”.
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