Con Giulio Pantalei, autore del saggio Una lingua per cantare, abbiamo approfondito il contributo di alcuni tra i più influenti scrittori italiani della seconda metà del Novecento alla nascita del cantautorato
Un interessante fil rouge lega la nascita del cantautorato al contributo di alcuni dei più importanti autori della seconda metà del Novecento: Giulio Pantalei ne parla nel suo saggio pubblicato da Einaudi “Una lingua per cantare, gli scrittori italiani e la musica leggera”. Pantalei ha presentato il suo lavoro in diretta a Café Bleu.
“Mi sono reso conto che alcuni dei miei scrittori di riferimento come Calvino, Pasolini, Caproni, non solo avevano una grande anima musicale ma erano stati autori di versi per musica. Questi episodi messi un po’ da parte nelle biografie, messi a sistema e ricostruiti nel periodo in cui erano nati, mi hanno permesso di ricostruire un dibattito più ampio. Mancava una sorta di tassello fondamentale tra la storia della letteratura italiana del secondo Novecento e la nascita del cantautorato”.
“Tutte e tutti noi pensiamo che i cantautori della leva storica siano dei poeti. In effetti per scrivere le loro canzoni hanno usato anche gli strumenti retorici della poesia. Chi ha dato loro questi strumenti? Tutti i tentativi musicali di Calvino, Pasolini, Moravia hanno influenzato i giovani De Andrè, Guccini e De Gregori”.
Con Pantalei abbiamo approfondito una sorta di geografia della canzone che emerge nel saggio, a partire da Torino. Proprio nel capoluogo piemontese al corteo del 1 maggio del 1958 i Cantacronache fecero irruzione con un furgone e degli autoparlanti suonando “Dove vola l’avvoltoio”, canzone scritta da Italo Calvino su musica di Sergio Liberovici. Con questa sorta di performance musicale prese vita la prima canzone d’autore impegnata del dopoguerra italiano.
Nel podcast disponibile su Spreaker e su Spotify, insieme a Pantalei parliamo del rapporto tra gli autori della nascente canzone impegnata e il Festival di Sanremo. Infine con l’autore di Una lingua per cantare riflettiamo su una questione fondamentale: in che modo questa storia del rapporto tra scrittori italiani e forma canzone dialoga con la musica e chi l’ascolta nel 2025?