Un bambino. Vicino a lui un gruppo di adulti. Davanti a loro una parete alta e disseminata di appigli di varia forma e colore. Sì, si tratta di una parete da arrampicata. Il bambino guarda un po’ incuriosito e un po’ impaurito ciò che ha davanti, mentre gli adulti intorno a lui lo rassicurano e intanto lo equipaggiano per la scalata: caschetto, cinghie, corde e tutto ciò che serve.

Il bambino si trova in una situazione assolutamente nuova: fino a poco tempo fa era costretto in un letto d’ospedale, lottando con una grave malattia. Ora è qui, che si accinge a compiere un’impresa che non avrebbe mai immaginato di vivere. Lentamente, assistito e protetto dalle persone che gli sono intorno, comincia a salire. Un appiglio, incerto, poi il secondo e via via il coraggio si fa strada insieme a lui. Arrivato in cima, il bambino si sente un’altra persona: guarda con stupore e gratitudine i ragazzi che l’hanno accompagnato fin lì che restituiscono i sorrisi e gli dicono “Sì, sei proprio tu che l’hai fatto! Hai visto che era possibile?”.

Possibile, una parola importante qui. Siamo al Dynamo Camp, un centro per la terapia ricreativa per bambini affetti da patologie gravi o croniche che si pone come principale obiettivo, proprio quello di rendere possibile qualcosa che non lo sembrava. Come la possibilità di vivere l’infanzia con spensieratezza e con il sorriso, di rafforzare la fiducia in se stessi e scalare, proprio come la parete d’arrampicata, i limiti posti dalla malattia. L’arrampicata diventa quindi metafora di un percorso di vita che porta ad allargare la zona di comfort di tutti i bambini che hanno la possibilità di vivere un’esperienza al Camp. E proprio all’attività dell’arrampicata ha contribuito anche la Chiesa Valdese grazie a un finanziamento dell’Otto per Mille, con una parete inserita nel parco avventura all’aperto e parte dell’attività dei campi estivi.

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