L’equinozio di primavera sancisce un momento di passaggio stagionale e rituale. Abbiamo molte testimonianze di quanto fossero importanti le festività legate a questo momento dell’anno, così come l’attenzione alla costruzione di strutture architettoniche che sancissero l’importanza del passaggio dall’inverno alla bella stagione, come templi o statue rivolte verso l’alba dell’equinozio di primavera.
Alcuni di questi rituali si ritrovano nei racconti e anche nella musica.
L’esempio perfetto è Le Sacre du printemps scritto da Igor’ Stravinskij.
La traduzione Sagra della primavera non rende giustizia all’opera, laddove con “sacre2, si dovrebbe tradurre “rituale”.
Si tratta di un balletto commissionato dal direttore dei Balletti russi Sergej Djagilev e messo in scena con le coreografie di Vaclav Nižinski, in cui si rappresentano antichi rituali delle antiche società rurali russe. La scena, nel complesso, è piuttosto cruenta: una tra le giovani ragazze viene scelta per ballare fino alla morte così da propiziarsi gli dèi in vista della bella stagione; la scrittura di Stravinskij ha reso l’opera significativa come momento di rottura con la scrittura classica.
Memorabile fu la prima, andata in scena il 29 maggio 1913 al Théâtre des Champs-Élysées, che si è tramutata in una gigantesca rissa fra il pubblico.
Le Sacre du printemps è stata accompagnata dalla coreografia di Nižinski ma la sua forza ha ispirato molti altri coreografi anche in tempi più recenti come Pina Bausch, Maurice Bejart, Martha Graham, Angelin Preljocaj o Emanuel Gat.
Questa è una versione che dovrebbe riportare a quello che, nel 1913, ha visto il pubblico parigino per la prima volta.