Da tempo il Kenya è diviso da una lotta politica a sfondo sociale, quella tra il Presidente della Repubblica Kenyatta e il capo dell’opposizione Odinga: dopo la dichiarazione di invalidità delle votazioni di agosto, la contestazione a quelle di ottobre e il giuramento di Kenyatta in gennaio la situazione sembrava complicarsi ulteriormente. I due schieramenti non hanno solo basi politiche diverse, ma sono sostenuti da differenti gruppi etnici, e ciò ha portato a diversi scontri tra la popolazione.
L’incontro tra i due capi politici, avvenuto il 9 marzo, sembra aver portato distensione. Entrambi cercano la coesione per il paese, in un momento di crisi ulteriormente aggravata dalla situazione regionale: la presenza di gruppi legati al radicalismo islamista nelle zone vicine alla Somalia e sulla costa e l’enorme campo profughi di Dadaab minano le potenzialità del Kenya, Stato strategico nell’Africa orientale.
Le chiese presenti nel paese, da quelle riformate a quella cattolica, in questa situazione di crisi hanno creato rete sul territorio per cercare unione e dialogo nazionale: l’incontro tra Kenyatta e Odinga non può che essere visto come l’inizio di una fase di distensione.
Ne parla Enrico Casale, redattore di Rivista Africa, periodico della Società dei Missionari in Africa.