Negli ultimi giorni il Tap, Trans Adriatic Pipeline, il tratto adriatico del Corridoio Sud del Gas, è tornato a occupare spazio sui giornali. In particolare, la questione tocca vari livelli della politica italiana, dall’amministrazione regionale guidata da Michele Emiliano (Pd) al ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. Proprio dal Movimento 5 Stelle ci si aspettava un cambio di rotta su questa opera, molto contestata per motivi non solo ambientali, ma fino a oggi questa svolta non è arrivata. Intanto, gli Stati Uniti hanno sollecitato l’Italia a garantire la realizzazione dell’opera.
Ma che interesse ha Washington a proposito del Tap? Elena Gerebizza, dell’associazione Re:common, spiega che «questa doveva essere una grande opera per prendere le distanze dalla Russia. Quindi sin dagli inizi gli Stati Uniti si erano schierati a favore di questo progetto». Tuttavia, questa funzione strategica non sembra più essere garantita, perché il nuovo avvicinamento tra Turchia e Russia porta con sé anche un potenziale ingresso di Mosca nel percorso anatolico del gasdotto.
Inoltre sul Tap, e in generale sulle relazioni tra Europa e Azerbaijan, grava il peso del cosiddetto Azerbaijani Laundromat, uno scandalo di corruzione e riciclaggio che avrebbe come beneficiari la dinastia familiare Aliyev, al governo in Azerbaijan sin dall’indipendenza, e alcuni politici europei, tra cui l’italiano Luca Volontè, a discapito delle comunità locali e dei diritti umani dei cittadini azeri.