Lo scorso 28 maggio il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato le sanzioni nei confronti del governo siriano di Bashar al-Assad per un altro anno, fino al primo giugno 2021. L’intenzione è «punire la repressione contro la popolazione civile». Josep Borrell, Alto rappresentante per gli affari esteri e per la politica di sicurezza, ha poi aggiunto che l’Unione europea «è determinata a continuare a sostenere il popolo siriano e rimane impegnata a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per fare pressione affinché si arrivi a una soluzione politica».
«Assad ha avuto tutto il tempo di salvare le sue risorse e quindi di mettersi in sicurezza», spiega Marco Pasquini, direttore della Cooperativa Armadilla attiva da molti anni in Siria con progetti di partenariato territoriale. «Quindi non so – prosegue – se hanno colpito questa classe dirigente, ma stiamo parlando di pochissime persone». «Hanno colpito il 90% della popolazione, che già viveva in una situazione precaria prima della guerra. Oggi è bloccata qualsiasi tipo di attività commerciale anche con l’unico Paese aperto, il Libano. Ma la cosa più grave non sono tanto la sanzione Ue da sole, è che si vanno a sommare a quelle americane» .
In teoria il settore umanitario non è toccato dalle sanzioni. Ma è vero? «I documenti affermano che tutte le azioni umanitarie non hanno nessun obbligo. Le azioni sia finanziarie di acquisti, trasferimento di persone di merci e tutti sono esenti, quindi le sanzioni non colpiscono questo ambito. Ma non è vero, perché non abbiamo trovato una banca italiana disposta a trasferire soldi in Siria e man mano che le sanzioni sono calate sul terreno nessun fornitore ha voluto collaborare. Le sanzioni non toccano le azioni di aiuto umanitario, ma fondamentalmente le bloccano come qualsiasi altra azione».