Lo scorso 7 febbraio è stato presentato alla Camera un disegno di legge che mira a introdurre un abbassamento dell’età imputabile dai 14 ai 12 anni. La logica di questa proposta è coerente con le scelte portate avanti da Governo, secondo cui il carcere e la repressione penale possono essere soluzioni a 360 gradi.
Ciò di cui non si tiene conto è il fatto che i reati commessi da ragazzi di 12 anni possono rappresentare le loro risposte (per quanto inadeguate) a situazioni problematiche: la soluzione dovrebbe quindi essere educativa, non punitiva, soprattutto dal momento che si sta parlando di persone nel pieno della loro formazione.
Spesso, nel corso degli anni, da più voci era arrivata la richiesta di modificare in senso restrittivo la giustizia minorile, ma le riforme avevano trovato l’opposizione di chi il sistema lo vive e lo gestisce, facendo da argine culturale. Oggi la situazione sembra in parte diversa, con l’affermarsi progressivo di una cultura fortemente carcerocentrica e un dialogo con l’esecutivo per ora quasi del tutto bloccato.
Ne parla Susanna Marietti, coordinatrice dell’Associazione Antigone.