Intervista a Chiara Maritato
Il 10 luglio il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha firmato la riconversione dell’attuale museo di Ayasofya in moschea. Si è trattato di una decisione molto rapida, ma i cui presupposti erano già nell’aria da tempo.
Ayasofya dalla sua fondazione ha seguito le vicende che hanno coinvolto la città: dapprima basilica cristiano-cattolica, poi ortodossa, per poi ritornare brevemente cattolica e nel XV secolo diventare moschea, e infine essere trasformata in museo nel 1934. L’attuale conversione, come quelle che l’hanno preceduta, ha una chiara e forte valenza simbolica.
In primo luogo per il nazionalismo turco condiviso da diverse forze politiche, anche se in forme diverse. Un richiamo al passato che poco fa sperare in aperture future nei confronti delle numerose minoranze presenti in Turchia.
C’è poi un aspetto internazionale, con la Turchia che porta avanti la sua immagine di protettrice e leader del mondo musulmano ponendosi in contrasto con un Occidente accusato di imperialismo.
Ne parla Chiara Maritato, assegnista di ricerca del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino.