Mariuccia Borio, viticoltrice di Costigliole d’Asti, ci ha raccontato la storia dell’Uvalino, vino autoctono salvato dall’oblio
Conosci l’Uvalino? Si tratta di un pregiato vino piemontese diventato raro ma un tempo assai diffuso specialmente nell’Astigiano, in Piemonte. Grazie al suo lavoro iniziato trent’anni fa, Mariuccia Borio, produttrice di Costigliole d’Asti, ha recuperato un vigneto che sembrava prossimo a scomparire.
«È il vitigno del mio cuore: l’Uvalino ha sempre fatto parte della mia vita – ha raccontato Mariuccia Borio in diretta a Café Bleu – Quando ero bambina la raccolta di queste uve era una festa. Quella dell’Uvalino era la bottiglia più preziosa da regalare al dottore, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura».
Poco di scritto è rimasto su questo vino, le poche testimonianze confermano la sua presenza in Piemonte almeno a fine Ottocento. La prima vendemmia della casa vitivinicola di Borio fu nel 1995, quell’anno iniziò la collaborazione con l’Istituto sperimentale per l’Enologia di Asti. Il progetto venne presentato nel giugno 2003 in occasione del VII International Symposium of Oenology di Arcachon, organizzato dall’Università di Bordeaux. La Gazzetta Ufficiale del 16 luglio 2002 sentenziò la fine dell’iter burocratico che rese l’Uvalino un vitigno riconosciuto e permesso. La prima annata in commercio fu la vendemmia 2006 distribuita tre anni dopo.
Recentemente Mariuccia Borio grazie all’Uvalino ha vinto la Gran Medaglia d’Oro del Concours Mondial de Bruxelles 2022, una delle competizioni vinicole più prestigiose al mondo.